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Il concetto di Amore nello Stilnovo, tema
Tabella dei contenuti
L’Amore nello Stilnovo
Per capire il mondo serve la teologia #
Nel medioevo, epoca nativa di nuove teorie teologiche su cui si basa anche l’interpretazione dell’amore di celebri poeti come Dante, Cavalcanti o Guinizzelli, vi era una diffusa curiosità verso il mondo.
La religione cristiana era ormai radicata nella cultura popolare: secondo la teologia tutto inizia da Dio e tutto torna a Dio, puro atto.
Dio, per definizione, è perfetto, dunque ciò che ispira gli Stilnovisti nelle loro elucubrazioni su amore e donne è la tesi enciclopedista.
Secondo la tesi enciclopedista tutta la natura è perfetta così com’è: tutto il mondo porta l’impronta divina, l’indagine del mondo quindi è l’indagine dei cieli, necessaria per conoscere la causa finale di ognuno.
L’uomo è infatti condannato ad essere libero, ad assumere la responsabilità delle proprie azioni, giudicando il bene ed il male,potendo sia peccare sia avvicinarsi ulteriormente ai cieli ed al Signore.
L’uomo medievale inizia ad informarsi sulla realtà, attraverso l’osservazione del mondo circostante; vengono redatti, ad esempio, molteplici trattati su fauna e flora (Lapidaria per le pietre, Floralia per i fiori, Bestiaria per le bestie) spesso pregiudizievoli, ma pieni di descrizioni accurate.
Nel Cantico delle Creature di San Francesco il tema della lode è frequente: il Signore illumina tutti indistintamente ed è presente nell’intero mondo fisico
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//Collegamento tra sogno e visione e teologia
Guido Guinizzelli #
Guinizzelli, il Saggio, nato a Bologna tra il 1243 ed il 1245, produsse cinque canzoni e quindici sonetti, tracciando le basi della poetica stilnovista. Dante evidenzia l’importanza di Guinizzelli come teorizzatore del legame tra amore e gentilezza “Amore e il cuore nobile sono una cosa sola, come dice il saggio nei suoi versi, di “Al cor gentil rempaira sempre Amor”, pag. 139
vv. 11-20: Nella seconda stanza, con un arguto paragone il saggio descrive il rapporto di necessaria equivalenza tra amore e cuore nobile. Una popolare credenza scientifica del tempo, riguardo una supposta purificazione delle pietre, viene traslata sul piano metafisico per ottenere l’amore, che non è altro che la conoscenza ed il contatto indiretto con Dio, disponibile solo agli animi eletti - non più a tutti come secondo S.Francesco - , attraverso una donna venuta dalle stelle che causa sentimenti esclusivi nei cuori nobili.
Il concetto di purificazione per la ricezione del divino non è nuovo: dal V secolo dopo cristo, in Europa, nascono nuovi ordini (come quello francescano) che richiedono il voto di povertà e la concentrazione nel tentativo di stabilire un contatto diretto con Dio, in questo caso per soddisfare i requisiti per ricevere un messaggio da un messaggero (la donna stellare) di Dio. La purificazione, in questa stanza il contatto con la donna stellare, porta il concetto di Amore da uno stadio di potenza ipotetica all’atto, natura univoca del Creatore.
Nella penultima stanza l’uomo viene paragonato all’intelligenza divina, che agisce sul mondo secondo gli ordini del Creatore - la donna angelica, realizzando l’incarico del giusto Dio, che dovrebbe dare all’innamorato la possibilità di non distogliersi mai dal disubbidire. Nell’ultima stanza il poeta si scusa con Dio ed ammette che la donna aveva l’aspetto di un Angelo, da qui il termine “Donna Angelo”.
Possiamo affermare che nella poesia di Guinizzelli la donna è il mezzo per ottenere l’amore.
Guido Cavalcanti - Tu m’hai sì piena di dolor la mente #
Questo è un sonetto con rime ABAB ABAB CDE DCE. Tale struttura particolare delle terzine introduce dei rimandi alternati, inoltre viene usato l’endecasillabo, che introduce un’asimmetria del ritmo, ed una scrittura in prosa. L’asimmetria di ritmo e struttura introduce dei significati “racchiusi” nel componimento, da trovare nello sbilanciamento fonetico.
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Nelle quartine viene introdotta la situazione: nelle prime due quartine si invoca la donna, poi si introduce la situazione in modo impersonale. La descrizione del fenomeno è impersonale, può applicarsi ad una molteplicità di cuori nobili: l’unico indizio che l’io lirico ci lascia e “m’hai” all’inizio, complemento di termine che si riferisce ad esso.
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Nelle ultime due terzine, invece il poeta descrive la sua situazione: egli vive come chi non vive, come un automa di rame, pietra o legno e va avanti solo per comandi, e reca nel cuore una verita che mostra apertamente come egli sia morto.
Il poeta viene annichilito totalmente, perde ogni controllo di sé stesso e non riesce a reagire alla forza dirompente dell’amore della donna. In un’ottica teologica,potremmo dire che l’innamorato subisce sofferenza, e la morte materiale, ma non per elevare la propria anima in una realtà spirituale: anch’essa muore, l’accesso al mondo metafisico non viene menzionato in questo sonetto, e neanche la virtù divina, infatti spesso Cavalcanti fu accusato di essere materialista e blasfemo.
Il lessico in alcuni tratti diventa volgare, menzionando ad esempio la configurazione della materia del poeta: rame, legno e pietra, mentre gli occhi sono un mezzo solo per osservare la sofferenza, senza alcuno scopo.
Dante Alighieri, Tanto gentile e tanto onesta pare #
Analizzerò “Tanto gentile e tanto onesta pare” sonetto in rime ABBA ABBA CDE EDC del celebre Durante Aligheri. Dante nacque nel 1265 a Firenze, dalla famiglia ricca di usurai “Alighieri”. Nel 1274, a nove anni, incontra per la prima volta la sua musa Beatrice - della stessa età - , portatrice di beatitudine, secondo la logica latina “nomes sunt consequentia rerum”. Alla giovane età di 18 anni vede Beatrice in un sogno premonitore, dopo il saluto con lei. Infatti nel 1290 Beatrice muore: Dante dal 1293 al 1295 scriverà la Vita Nova, prosimetro di trama narrativo-autobiografica in cui tratterà di Beatrice in ottica fisica e poi metafisica, infatti dopo la sua morte, la nuova donna di cui s’innamorerà sarà la filosofia, dopo aver letto classici latini come il “De amicitia” di Cicerone.
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Nel primo verso Dante usa “tanto gentile e tanto onesta pare”: latinismo derivato dal verbo parere, che significa “apparire con forza”, dunque introduce istantaneamente la potenza dirompente dell’amore contenuto nella donna, come Cavalcanti e Guinizzelli, affermando inoltre un’identità tra la donna ed il divino, parzialmente e totalmente negata rispettivamente da Guinizzelli e Cavalcanti.
Il lessico stilnovista si impone con potenza in questo sonetto. Nella prima stanza, Beatrice saluta la gente; in un altro sonetto della Vita Nova, dopo che Beatrice ha ritirato il saluto a Dante, egli descrive la sensazione di un saluto: uno spirito d’amore diceva agli spiriti della vista, distruggendo gli altri spiriti sensitivi “andate ad onorare la donna vostra” ed il corpo si muoveva come inanimato, riuscendo a perdonare chiunque dei peccati e ricevendo la beatitudine che risiedeva nel saluto.
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Beatrice è “d’umiltà vestuta”, segno del divino, inoltre la poetica della lode torna dagli scritti di San Francesco: Beatrice viene elogiata, solo i nobili con cuor gentile possono apprezzarla però.
“par che sia venuta da cielo in terra”, “da per li occhi una dolcezza al core”, e “par che de la sua labbia si muova uno spirito soave pien d’amore”: ancora Dante si concentra sulle caratteristiche fisiche, sottolinenando nuovamente l’origine celeste della donna, anche chiamata “Donna Angelo”.
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Nella penultima terzina viene rimarcata la tipica poetica dello sguardo di Dante e la visione elitista di Amore, apprezzabile solo dai nobili, di matrice Guinizzelliana.
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Nell’ultima terzina, uno spirito pieno d’amore si muove dalle labbra della donna, e causa il sospiro dell’anima, unico movimento del volto dopo l’ammutolimento del poeta davanti alla bellezza, un sospiro benefico di beatitudine. Il tema degli spiriti è d’ispirazione cavalcantiana, a sua volta ispirata da alcuni remoti scritti dei trovatori, ed anch’esso descrive la conoscenza scientifica degli stilnovisti.