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Cesare Beccaria, breve analisi illuminista dei diritti e delle pene
Cesare Beccaria è uno degli illuminsti che ha portato ad un cambiamento nel diritto e nella giustizia italiana. Scrive il saggio “Dei diritti e delle pene” dove analizza limiti e modifiche da apportare al sistema giuridico, con due argomenti da abolire:
- Pena di morte
- Tortura
Sono strumenti non educativi. In un contesto illuminstico, ciò che deve essere utile non è né la tortura né la pena di morte. La tortura non porta ad ottenere una confessione. Si tratta di un saggio argomentativo, le motivazioni che portano all’uso della tortura vengono scardinate tutte passaggio per passaggio. La tortura veniva utilizzata per estrapolare la verità dei fatti nel modo più veloce possibile da un colpevole, ottenere il nome dei complici da un criminale, sfiduciare le persone a commettere lo stesso crimine e perché era una pratica educativa.
Cesare ragiona sostenendo che se finora le persone sono state giudicate in questo modo, non abbiamo la certezza che chi è stato torturato abbia confessato la verità, ma solo ciò che volevano gli investigatori. L’innocente può confessare subito avendo poca resistenza fisica, dunque viene incarcerato, mentre il colpevole è preparato psicologicamente, resiste al dolore, afferma dei colpevoli ed evita la pena. I giudici dovrebbero ottenere quante più fonti possibili per giudicare una persona colpevole o meno. La tortura, essendo legata ad una sofferenza fisica, spesso le persone tendono a rimuovere le idee orride come il sangue o la morte, inconsciamente, per questo non è educativa. Utilizzare lo stesso protocollo per ottenere un risultato diventa un’azione di routine e non stupisce più il popolo con terrore.
Per Cesare Beccaria l’ergastolo è educativo, a vita la persona sarà costretta ad essere incarcerata e questo sfiducerà le persone a vivere una vita intera in un carcere. Questo fa riflettere il popolo sull’importanza della vita e spaventa l’ascoltatore da una condanna psicologica costante, e da una incarcerazione a vita. Il carcere si chiama Istituto Penitenziario perché educa e riabilita alla vita.
Non si può ripulire un omicidio con la stessa moneta, eseguendo un altro omicidio. Cesare Beccaria non introduce l’aspetto disumano e le sofferenze psicologiche della pena di morte e della tortura ma le analizza solo da un punto di vista utilitaristico.